Ammine aromatiche: colorate e versatili nell’industria chimica, pericolose per la salute

In questo articolo andiamo alla scoperta delle ammine aromatiche, composti organici utili in svariati settori industriali (dai coloranti al settore farmaceutico), ma anche molto pericolosi per la salute dell’uomo, in quanto cancerogeni.

 

Le ammine possono essere considerate dei derivati dell’ammoniaca, in cui uno o più atomi di idrogeno sono stati sostituiti con gruppi alchilici o arilici. Il simbolo generale per una ammina è NR3 dove R rappresenta gruppi alchilici o arilici o atomi di idrogeno.

Il capostipite della famiglia delle ammine aromatiche è l’anilina, un’ammina primaria la cui struttura è quella di un benzene, in cui un atomo di idrogeno è stato sostituito da un gruppo NH2. A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall’odore tipico delle ammine (pesce marcio).

Sintesi dell’anilina

L’anilina può essere prodotta in due modi.

  1. Dal nitrobenzene, per riduzione con ingredienti economici, come ferro e acido cloridrico (o mediante idrogenazione catalitica)
  2. Per trattamento del clorobenzene con ammoniaca, ad alte temperature e pressioni e in presenza di catalizzatori (in una reazione di sostituzione nucleofila aromatica).

La prima sintesi dell’anilina avvenne partendo da benzene di catrame (che nel XIX secolo si poteva procurare abbastanza facilmente), che veniva ossidato con acido nitrico per formare nitrobenzene, poi ridotto a formare anilina.

Molti derivati dell’anilina possono essere sintetizzati in modo simile.

 

Storia dell’anilina e nascita dell’industria dei coloranti e usi dell’anlilina

L’anilina fu isolata per la prima volta nel XIX secolo per distillazione dei prodotti di decomposizione dell’indaco. Negli stessi anni altri chimici isolarono il composto, chiamandolo con nomi differenti, e fu infine August Wilhelm von Hofmann nel 1855 a dimostrare l’identità di questi preparati, tutti riconducibili ad un’unica sostanza, chiamata quindi anilina o fenilammina.

Nella prima produzione su scala industriale, l’anilina fu impiegata come intermedio della sintesi della mauveina, un colorante viola scoperto nel 1856 da William Henry Perkin. Perkin, un ragazzo appassionato di chimica, era stato incaricato da Hoffmann di cercare di estrarre dal catrame di carbone dei precursori del chinino, un farmaco antimalarico molto diffuso e richiesto all’epoca in Europa. Il principio attivo, estratto dalla corteccia di un albero presente solo in Sudamerica, era molto costoso, per cui i chimici dell’epoca cercavano dei sostituti sintetici ricavabili da materiali a basso costo (come il catrame, appunto). La scarsa conoscenza delle teorie chimiche e il suo entusiasmo di ragazzino permisero a Perkin di sintetizzare il cosiddetto colore mauve, ossidando l’anilina e ottenendo una polvere nera che, sciolta in metanolo, dava origine ad un colore porpora persistente.

Da questa scoperta, altri chimici hanno provato svariate sintesi variando i materiali di partenza e i composti ossidanti, e ottenendo una gamma di colori che sono stati presto applicati nell’industria tintoria, come la fucsina (color magenta), la safranina, l’indaco e molte altre. Un processo che ha avuto un’accelerazione in seguito alle sempre maggiori conoscenze sulla reattività organica, e dell’analisi strutturale. Questi nuovi colori sono stati in gran parte sintetizzati da chimici tedeschi: tra questi il blu di metilene, il verde malachite e il rosso congo, primo colorante diretto per cotone.

 

Proseguendo con gli studi, dai coloranti all’anilina, come vennero denominati, si ottennero altri composti coloranti come gli azocoloranti. Il XIX secolo fu dunque una corsa per trovare nuovi colori che fossero ottenibili per via sintetica e non solo per estrazione da composti vegetali, come era stato fino ad allora. Anche perché la gamma di colori presenti in natura era limitata, mentre i coloranti sintetici offrivano colori nuovi e non presenti in natura. Molti procedimenti e prodotti vennero brevettati e fecero la fortuna di industrie chimiche famose ancora oggi, come BASF e Ciba-Geigy.

Il valore commerciale dell’anilina e delle altre ammine aromatiche ancora oggi è pertanto legato alla loro versatilità come intermedio nelle sintesi chimiche industriali di prodotti come coloranti, farmaci, e ausiliari.

Industrialmente l’anilina è prodotta per riduzione del nitrobenzene con ferro e acido cloridrico, e successiva purificazione per distillazione in corrente di vapore, il cosiddetto processo di Zinin, portato a livello industriale da M. Béchamp.

 

Proprietà e reattività chimica

L’anilina è un liquido oleoso incolore che brucia facilmente, con odore caratteristico, che si ossida producendo impurezze resinose di colore rosso-bruno.

Dal punto di vista chimico è una base debole. Le ammine aromatiche come l’anilina sono in genere meno basiche delle ammine alifatiche, questo perché il doppietto elettronico dell’atomo di azoto è parzialmente condiviso con l’anello aromatico per risonanza ed è pertanto meno disponibile per essere ceduto a specie chimiche acide.

L’anilina subisce facilmente reazioni di sostituzione elettrofila sull’anello aromatico in posizione para e orto. Per reazione con l’acido solforico a 180 °C dà l’acido solfanilico p-NH2-C6H4-SO3H, le cui ammidi costituiscono la classe dei farmaci sulfamidici, antibatterici comunemente usati all’inizio del XX secolo. Anche se in gran parte sono stati sostituiti dagli antibiotici, i sulfamidici hanno ancora particolari applicazioni mediche e costituiscono una parte notevole della produzione delle industrie farmaceutiche.

Altri farmaci sono derivati dalle ammine aromatiche e sono usati per lo più sotto forma di sali, perché meglio assorbiti dall’organismo. Alcuni derivati dell’anilina hanno notevoli effetti analgesici e antipiretici e in passato sono stati utilizzati in campo farmaceutico. A causa della loro tossicità riconosciuta oggi non sono più utilizzati.

 

L’anilina ed i suoi derivati sostituiti sull’anello aromatico reagiscono facilmente con l’acido nitroso per dare i corrispondenti sali di diazonio; attraverso essi il gruppo -NH2 dell’anilina può essere convertito in altri gruppi funzionali oppure possono venire sintetizzati composti coloranti, detti coloranti diazoici.

L’anilina viene facilmente ossidata sia sul gruppo -NH2 sia sull’anello aromatico; a seconda che l’ambiente di reazione sia acido o basico, a partire dall’anilina si ottengono molti composti differenti, tra cui molti coloranti, cosa che spiega perché la scoperta del mauve diede il via all’industria dei coloranti sintetici.

Nei coloranti organici e sintetici, esistono gruppi di atomi altamente insaturi che interagiscono con la radiazione elettromagnetica.

L’introduzione di gruppi funzionali come NH2 , NHR, NR2 , OH, con caratteristiche leggermente acide o basiche, detti auxocromi, conferiscono alla molecola la proprietà di tingere, attraverso la formazione di legami con il substrato.

Le molecole che contengono uno o più di questi gruppi si definiscono cromogene.

Abbiamo visto che l’anilina è incolore. Se si introduce un cromoforo diazo (N=N) si forma il cromogeno azobenzene, composto colorato ma non colorante. Se vengono introdotti gruppi auxocromi NH2 o OH si formano specie coloranti come l’amminoazobenzene o l’idrossiazobenzene

Esposizione alle ammine aromatiche ed effetti per la salute

L’anilina e i suoi derivati agiscono come un veleno del sangue, trasformando l’ossiemoglobina in metaemoglobina, che è inadatta alla funzione respiratoria. L’esposizione acuta provoca in breve tempo asfissia, con cianosi e dispnea.

L’anilina inoltre è un cancerogeno riconosciuto per l’uomo. Provoca soprattutto tumori della vescica ma anche tumori renali, cutanei, epatici e del sangue. La molecola di anlinina non è cancerogena di per sé, ma lo diventa a seguito della sua metabolizzazione nel fegato. I principali derivati dell’anilina sono il para-ammino-fenolo e la 2,4-diossi-anilina, che a loro volta vanno incontro a reazioni di ossido-riduzione, trasformandosi nei rispettivi chinoni: para-iminochinone e 2-idrossi-para-iminochinone. Sono queste ultime molecole, elettrofile e molto reattive, che reagiscono facilmente con specifici residui di proteine e con gli acidi nucleici, instaurando un legame di tipo covalente.

Nei luoghi di lavoro le principali vie di esposizione sono l’inalazione dei vapori e l’assorbimento cutaneo di vapori o liquidi.

 

In Italia, dopo il 1950, ci fu un centinaio di casi di cancro alla vescica tra i dipendenti di una fabbrica di coloranti e vernici nella provincia di Torino, l’IPCA di Ciriè (TO). Nel 1981, tra i dipendenti i morti per cancro alla vescica erano 41. Le condizioni di esposizione alle ammine dei lavoratori erano aggravate dalle pessime condizioni di lavoro, per cui i lavoratori erano esposti a decine di sostanze chimiche tossiche (con effetti additivi e di interazione), senza dispositivi di prevenzione e senza addirittura un luogo dove poter mangiare che fosse protetto dall’esposizione alle varie sostanze (tra cui acidi forti, ammoniaca, anidride solforosa). Studi compiuti negli anni precedenti avevano già dichiarato le ammine aromatiche, tra cui l’anilina e la beta-naftilamina, sostanze cancerogene. In diversi paesi europei si era interrotta la produzione della beta-naftilamina già negli anni 30-40. La produzione all’IPCA di Ciriè venne interrotta soltanto nel 1960, come dichiarò la stessa azienda, che confermò anche di aver prodotto benzidina sino al 1967.

Ai primi anni settanta risalgono anche le lotte operaie contro le ammine aromatiche trattate all’ACNA di Cengio, responsabili, oltre che di casi di tumori ai lavoratori, anche di gravi inquinamenti delle acque, durati decenni. Lo stabilimento di Cengio è stato chiuso solo nel 1999, dopo 117 anni di inquinamenti e proteste, anche se, già negli anni ’60, lo scrittore Beppe Fenoglio nel suo libro Un giorno di fuoco scriveva così: “Hai mai visto Bormida? Ha l’acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata, che ti mette freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna.”

Nel 1969 venne pubblicata una monografia sui tumori professionali ed ambientali dell’apparato urinario, dove si sottolineava la correlazione tra tumori alla vescica e beta-naftilamina.

Il Tribunale Civile e Penale di Torino, con la sentenza del 20 giugno 1977, dichiarò colpevoli dei reati di omicidio colposo i proprietari, i dirigenti ed il medico di fabbrica dell’IPCA di Ciriè. Nel 1979 venne introdotta, per la prima volta in Italia, una normativa tecnica moderna riguardante le ammine aromatiche (circolari del 1979 e del 1981).

Negli anni ’90, si appurò che le ammine aromatiche possono causare neoplasie, oltre che alla vescica, anche al tratto digestivo superiore ed alle prime vie respiratorie (cavità orale, esofago, laringe). In relazione al tempo di esposizione, vi è un incremento del rischio di insorgenza di neoplasie in lavoratori che vengono a contatto con beta-naftilammina, benzidina, fucsina, safranina.

 

Oggi l’anilina è usata in particolare per l’ottenimento di difenilmetano diisocianato, da cui si ottengono i poliuretani e per la preparazioni di coloranti, agenti vulcanizzanti nella preparazione della gomma, prodotti fungicidi e prodotti farmaceutici, oltre che nella produzione di difenilammina e fenolo.

I suoi rischi per la salute hanno messo al bando alcune lavorazioni e alcune ammine aromatiche, vietato l’uso di derivati amminici in alcuni prodotti (come nelle tinture per capelli), hanno fatto sviluppare un lungo elenco di controlli sui lavoratori esposti, per scongiurare un altro caso IPCA.

 

Riferimenti bibliografici

Benedetto, Masselli, Spagnoli, Terracini – La fabbrica del cancro, L’IPCA di Ciriè, Einaudi Serie politica, 1976

Morrison, Boyd – Chimica Organica – Casa Editrice Ambrosiana, 6° ed., 1997

Beppe Fenoglio – Un giorno di fuoco – Einaudi, 2000 – Einaudi tascabili

Philip Ball – Colore, una biografia – Rizzoli Ed., 2002

MINISTERO LAVORO circolare 12 giugno 1979, n. 46 Normativa tecnica generale per la prevenzione dei rischi da ammine aromatiche nelle industrie.

Agents Classified by the IARC Monographs, Volumes 1–103

Luisella Gilardi – Nuovi dati sui morti dell’IPCA di Ciriè – DoRS – Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute – 19 ottobre 2010 [http://www.dors.it/page.php?idarticolo=1424]

Mauro Boscarol – L’industria italiana dei coloranti – Colore digitale blog [http://www.boscarol.com/blog/?p=8934]

Eugenia Accusani di Retorto – Gli studi sulla qualità dell’aria negli ambienti confinati

Pier Paolo Poggio, a cura di – Acna di Cengio (SV) – Industria e ambiente, fondazione Luigi Micheletti, febbraio 2014 [http://www.industriaeambiente.it/schede/acna/]